PILLOLA 14

Ascolto e educazione emotiva contro il cyberbullismo

Ottobre 2017

Nel giro di pochi anni, sono sempre più frequenti fatti di cronaca che hanno per protagonisti i minori e il web. La rete, facebook, istagram, le chat … sembrano essere il moderno bosco in cui è sempre più facile perdersi o incontrare lupi cattivi.

"Il 98 per cento dei ragazzi tra i 14 e i 19 anni possiedono uno smartphone. Il 30 per cento ha avuto modo di utilizzarlo già a partire dai 18/24 mesi di età e, tra i ragazzini della fascia 11-13 anni, l'età media di utilizzo della tecnologia informatica è scesa di un anno per quanto riguarda l'uso del primo cellulare, l'accesso a internet e l'apertura del primo profilo social che si aggira intorno ai 9 anni, rispetto a 4-5 anni fa".

Questo lo scenario emerso nel sesto Convegno nazionale Simpef (Sindacato medici pediatri di famiglia) recentemente svoltosi a Milano sul tema della dipendenza dalla tecnologia tra bambini e adolescenti, nel corso del quale i pediatri di famiglia hanno messo in guardia i genitori dai rischi legati all'essere “sempre connessi”.

La relazione tra i minori e la rete è al centro di numerosi studi, dibattiti e iniziative, in particolare relativamente al fenomeno, diffuso, del cyberbullismo, portato alla ribalta da recenti tristi fatti di cronaca.

Il cyberbullismo (termine coniato dall’educatore canadese Bill Belsey, che si occupa dei comportamenti di bullismo tra i giovani), indica tutte quelle forme di vessazione e persecuzione attuate tramite il web. L’esempio tipico sono i filmati ripresi con i telefonini, che raffigurano prese in giro pesanti o addirittura maltrattamenti verso un compagno, che poi vengono diffusi su Youtube. Oppure pesanti ingiurie o denigrazioni o diffusione di informazioni private, effettuate su un social network frequentato da chi conosce la persona che ne è vittima. Insomma, la casistica è ampia e molto più insidiosa di quello che possa pensare chi non frequenta la rete.

Un atto di bullismo perpetrato sul web può essere molto più efficace nel suo scopo persecutorio, perchè per entrambi i soggetti, vittima e vessatore, si ha un’evidente amplificazione del gesto.  

Per la vittima, perché se un ragazzo, per esempio, è stato percosso o insultato, vedere il filmato di questo episodio in rete, e sapere che quindi chiunque può accedervi, provoca una sofferenza intensa e ripetuta, così come le minacce del bullo, su chat, via mail o what’s up, crea più facilmente la sensazione di persecuzione, di assillo e quindi aumenta la paura, che si rinnova ad ogni volta collegamento a internet. Ma anche per il persecutore, che vede il proprio raggio d’azione amplificarsi a dismisura, ovvero, a misura di web e sentirsi protetto, spingendosi sempre più oltre.

Occorre ricordare che il cyberbullo e la sua vittima sono dei ragazzini e vanno perciò protetti entrambi. Un altro importante risultato delle ricerche è il fatto che quando un adolescente si trova a essere vittima di cyberbullismo prima si rivolge agli amici, poi ai genitori e solo in ultimo agli insegnanti. Questo è un dato che dovrebbe far riflettere gli adulti, che spesso si dimostrano impreparati nella comprensione del fenomeno e del forte impatto sulla vita degli adolescenti.

Ma anche l’aggressore deve essere difeso dalla sua superficialità, dalla scarsa comprensione della gravità dei suoi gesti, dall’aggressività che mostra sentendosi forte dietro la (presunta) protezione del web. Bisogna, pertanto, riportare i ragazzi alla realtà, ristabilire i confini di lecito e illecito, di giusto e sbagliato.

Un dato emerge, chiaro, dalle informazioni oggi disponibili sul cyberbullismo: i genitori spesso sottovalutano o non comprendono fino in fondo i rischi della navigazione in rete per i propri figli. Come ricordano gli esperti, tra i rischi più significativi ci sono la ricezione di materiale traumatico, video pornografici o inviti a visitare siti che inneggiano alla violenza o all'autolesionismo. Secondo Telefono Azzurro i casi di adescamento online sono triplicati in 3 anni. Ciò non significa demonizzare la rete, fonte di grandi opportunità se ben utilizzata, ma rendere consapevoli le famiglie dei rischi che bambini ed adolescenti corrono navigando senza il controllo degli adulti.

Naturalmente, la scuola è chiamata a svolgere un ruolo prioritario nella lotta al bullismo e alla sua versione web, il cyberbullismo.

In ltalia, già a partire dal 2012 è stato realizzato il progetto "Generazioni Connesse - Safer Internet Centre Italiano" (SIC) cofinanziato dalla Commissione Europea, coordinato dal MIUR con il partenariato di alcune delle principali realtà italiane che si occupano di sicurezza in Rete: Ministero dell'Interno-Polizia Postale e delle Comunicazioni, Autorità Garante per l'lnfanzia e l'Adolescenza, Save the Children ltalia, Telefono Azzurro, Movimento Difesa del Cittadino.

Gli interventi del SIC hanno, hanno coinvolto gli insegnanti e le famiglie, formandoli e stimolandoli a rapportarsi con la quotidianità ''virtuale" dei propri studenti e/o figli. Le linee guida contro il bullismo e il cyberbullismo, dunque, sono indirizzate a tutti: gli studenti devono capire che internet è come “un’autostrada” che deve essere utilizzata solo quando si è in possesso di una “patente”, le famiglie non devono essere lasciate sole ma possono e devono trovare nella scuola un valido alleato e, infine, le scuole devono fungere da motori della svolta grazie ad una preparazione adeguata, inserendo nella propria offerta formativa moduli didattici ad hoc riguardanti la prevenzione del bullismo e l’utilizzo sicuro del web.

Di fronte ad un fenomeno così grave e diffuso, scuola e famiglia sono chiamati a fare la propria parte, creando contesti educativi e familiari capaci di dare ascolto al bambino e all’adolescente e ai loro bisogni. Dal sito del Telefono Azzurro :  “l’ascolto e l’educazione emotiva costituiscono, dunque, i capisaldi della prevenzione primaria: ascoltare i bambini, ogni loro curiosità, dubbio o paura, è la prerogativa fondamentale per comprenderne i bisogni ed offrire loro risposte adeguate. Allo stesso modo, se un bambino è aiutato a riconoscere le emozioni, ad esprimerle e a gestirle, più facilmente saprà riconoscere una situazione di difficoltà e saprà chiedere aiuto.”